The painting is a place – Peter Flaccus
03-05 Febbraio 2023
Il quadro è un luogo. Non è l’immagine di un luogo, è un luogo in sé, un luogo che invita a entrare e a girare senza fretta al suo interno. Da parte dell’osservatore è un vagare attivo, non una ricezione passiva. Un quadro è un invito a fare un’esperienza. Parlo solo del mio lavoro, perché le opere astratte possono fare e essere molte cose. Ma nello specifico i miei lavori non sono segni che hanno un unico impatto, né campi di simboli da decifrare, né affacci sul dramma e così via. Un quadro non è il simbolo di qualcos’altro se non di sé stesso. Non chiederei mai cosa significa un quadro, ma cercherei di capire cosa un quadro fa, come funziona. Inoltre, chiederei cosa accade nel quadro e dove ha luogo quell’accadere, perché ogni pittore inventa e propone uno spazio pittorico unico e particolare ed entrandoci, tu, spettatore navigato, capisci immediatamente la natura e le regole che governano quel luogo. Mentre dipingo sono in attesa. Aspetto di sentire che dal quadro a cui lavoro mi arrivi una nuova esperienza, quando succede so che è vivo e che si regge in piedi da solo. Cerco di mettere delle cose insieme così che alle persone piaccia guardarle, cose che siano interessanti e avvincenti, non semplicemente cose che la gente guarda per qualche secondo per poi passare ad altro. Le strutture formali guidano l’occhio, e per guardare ci vuole un po’ di tempo. La mia speranza è che le persone nei miei lavori comincino a vedere cose che vanno al di là della superficie, cose che non ci sono nella vita di tutti i giorni, né in natura e neanche nell’arte di qualcun altro. La quantità di tempo spesa nella creazione di un quadro si può tradurre nella quantità di tempo in cui riuscirà a mantenere l’attenzione di chi lo guarda. Non dobbiamo farci ingannare dalla velocità apparentemente sbrigativa dei gesti di Willem de Kooning nelle sue grandi astrazioni – su molte di loro ha lavorato per settimane e mesi, ridipingendone ripetutamente interi pezzi, a volte inserendo solo piccole correzioni e altre abbandonando completamente opere in apparenza già concluse con grande orrore dei suoi amici. L’aspetto dei miei quadri dipende completamente dai materiali e dal metodo, in questo caso l’utilizzo della cera colorata, una tecnica nota con il nome di «encausto». Anche se le caratteristiche fisiche dei materiali sono estremamente semplici, dipingere a encausto è complicato e scomodo, perché è tutto imperniato sulla manipolazione della cera fusa. Il mio procedimento comporta varie azioni: sperimentare, adattare, correggere, riconsiderare. Quindi è un processo lento. Dato che i miei quadri sono per natura molto legati alla materia, si potrebbe dire che sono anti-concettuali e anti-digitali. Nell’iniziare un nuovo quadro la mia riflessione è rivolta ai metodi concreti che uso e agli esperimenti che io stesso invento, non alla creazione di un’immagine. Ho imparato a conoscere gli effetti della trasparenza, l’opacità, un materiale ruvido o liscio al tatto, le linee incise, i fenomeni che si verificano quando i colori liquidi si mescolano e si consolidano. Non mi verrebbe mai in mente di produrre le mie immagini in un altro modo perché sarebbe impossibile. Le mie decisioni sono intenzionale, ma anche istintive, spontanee e probabilmente inconsce. Mi piace usare dei sistemi che producono forme casuali, senza che io sappia in anticipo quale sarà precisamente il risultato.
Peter Flaccus