⻝ SHI ⾊ SE 性 XING 也 YE “Il desiderio di cibo e bellezza fa parte della natura umana”

Runo B

Dal 27 Febbraio 2025 al 24 Marzo 2025

Gallerie Riunite ospita la mostra bi-personale degli artisti Filippo Rizzonelli (Riva del Garda, 1991) e Runo B (Cina, 1992), che inaugurerà il prossimo 27 Febbraio 2025, e che prende il proprio titolo in prestito dalla millenaria cultura cinese.

Shí sè xìng yě. Questo antico adagio, opera del filosofo confuciano Gao Zi (ca. 372-289), risale infatti al IV secolo a.C. Con soli quattro ideogrammi si delinea qui una prospettiva per osservare e vivere il mondo: naturalmente l’essere umano intende nutrirsi di bellezza, sia essa materiale o immateriale.

Un fondamentale bisogno di sostentamento – il cibo/⻝ (Shí) – si intreccia a doppio nodo con un altrettanto basilare desiderio, che a tratti può manifestarsi fatalmente nei termini di una tensione sessuale: la ricerca della bellezza – ⾊ (Sè)–, tutto ciò “in effetti” – 也 (Yě) – attraverso un movimento innato alle e delle cose, ineludibile, intrinsecamente “naturale” – 性 (Xìng)–.

La bi-personale dei due artisti – nati e cresciuti a grande distanza tra loro, ma legati da un decennale vincolo di amicizia, risalente ai tempi dei comuni studi conseguiti presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia – si presenterà quindi come un connubio di pulsioni e riflessioni sul tema, come un dialogo incrociato composto di traduzioni e tradimenti della propria cultura e soggettività, come un gesto di sincretico amore per la vita che vale la pena di essere vissuta, naturalmente.

Runo B porterà negli spazi di Gallerie Riunite una decina di opere recenti: ceramiche smaltate, che – con la propria sontuosa vitalità cromatica – sapranno sapientemente ricollegarsi alla tradizione partenopea.

Una tradizione tanto materiale – il media ceramico, opportunamente prescelto, è infatti da millenni fonte di ornamento e sostentamento estetico, alle pendici del Vesuvio, ma non solo – quanto immateriale. Attraverso essenziali giochi di forme e segni Runo B scherza con lo spettatore, alludendo al celebre piacere dello “stare a tavola e godersela”, tipicamente italiano, se non propriamente napoletano. Tutto ciò, senza rinunciare a confrontarsi con il nostro presente, attraverso la sua personale e particolare sgargiante prospettiva.

I soggetti iconografici privilegiati dall’attuale ricerca dell’artista sono infatti i riders. Durante la pandemia, e a causa del conseguente confinamento domiciliare, questa particolare categoria di lavoratori è stata una delle poche a poter circolare “liberamente” per le strade delle nostre città, trasportando beni essenziali per la vita quotidiana. Nel 2020, per la prima volta, i riflettori si sono concentrati su di loro, rendendo evidente a tutti l’esistenza e la diffusione di questa professione. Tuttavia, i riders nei dipinti di Runo B non sono rappresentati in modo realistico: hanno pungiglioni d’ape, si trasformano in macchinici e novelli centauri, cavalcano scooter simili a tavole da surf, oppure si amalgamano con motociclette dalle morbide gomme, abbandonando la città per dirigersi verso i campi e le montagne, senza più fare forse ritorno.

Nell’intersezione tra antico ed attuale, tra oriente e occidente, tra tecnologico ed arcaico, Runo B si insinua, indaga e affronta il tema dell’esistere e del vivere nel tempo fuori dal tempo. Attraverso la decostruzione e la ricostruzione dei simboli – reificati tanto attraverso le loro più banali apparenze nel quotidiano, quanto dalle più alte immagini della cultura codificata nelle forme delle Belle Arti – Runo B scherza con il fuoco. Così, letteralmente, ciò che ne consegue sono una serie di ceramiche. A dir poco sorprendenti.

Per Filippo Rizzonelli questa mostra rappresenta un doppio ritorno: nella città partenopea, ma anche presso Gallerie Riunite. É infatti del 2021 la sua mostra personale “Custode silenzioso”, ospitata dagli e negli spazi di Via Cavallerizza a Chiaia. Per “Shí sè xìng yě” presenterà una serie di opere estremamente recenti, di piccole e medie dimensioni, realizzate a tecnica mista su carta e su tela. Filippo Rizzonelli ha un approccio liquido al vivere e all’abitare. Paradossalmente – data l’origine del suo compagno di viaggio – è più lui a prendere sul serio la massima del Grande Timoniere: “bisogna essere come pesci nell’acqua”. Conscio dei radicali e urgenti cambiamenti di cui la nostra società necessita, considera la pittura come un mezzo per rifuggire all’imbruttimento – di prassi e di pensiero – e all’omologazione imposti dalla tecnica del capitalismo contemporaneo. L’immaginazione creativa come una forma di attiva resistenza alla perversa pervasività dell’interregno in cui viviamo. La ricerca della bellezza intesa in quanto antidoto, elisir di buona vita.

Le delicate giustapposizioni e gli acidi contrasti tonali, l’elaborazione di raffinati scenari naturali, solo apparentemente de-antropizzati, ed i silvestri giochi intrattenuti tanto con le sfuggenti e mitiche ninfe quanto con elementi attinti alla fonte del proprio vissuto personale, intendono trasportare chi osserva l’opera – sia esso un fruitore terzo o il suo primo creatore – in uno spazio-tempo costituito da un altrove presente nel qui e nell’ora. Un ossimoro pertanto, al contempo fattuale, concettuale e visivo. Ecco che la pittura, in tale prospettiva, è un media denso, pregno e fecondo di significati, che travalica la propria condizione materiale (qualche ricco pigmento spennellato su di effimeri supporti) per approdare in un mondo che si nutre e riproduce attraverso inalienabili alterità. É una funzione alchemica – dialettica, apotropaica ed ecologica – ciò che l’artista evoca e a cui allude: “il nostro oro non è quello volgare”. Il sudore sulla fronte è nobile quanto le lacrime. Il pelo strigliato dal vento sussurra al pari delle chiome degli alberi. Un amplesso, consumato in riva a un gelido fiume, equivale a una vita di tentativi e sentieri imboccati.

A torto o a ragione, pertanto, non possiamo che nutrirci dei nostri desideri.


Figure senza nome (Maschere)

Andrea Fogli

Dal 7 Dicembre 2024 al 15 Febbraio 2025

Gallerie Riunite ospita la mostra personale “Figure senza nome (Maschere)” di Andrea Fogli dal 7 Dicembre 2024 al 15 Febbraio 2025.

Contestualmente si svolge la mostra antologica “7 Atlanti” a cura di Stefano Chiodi, organizzata dalla Azienda Palaexpo, presso il Mattatoio di Roma, (4 dicembre 2024 – 2 febbraio 2025), catalogo Quodlibet, a cura di Stefano Chiodi, con testi di Giorgio Agamben, Jan Hoet, Denis Isaia, Marta Ragozzino, Carla Subrizi, Tommaso Trini e Peter Weiermair.

In galleria a Napoli saranno esposte otto sculture inedite in terracotta del 2022, 14 disegni in polvere di grafite del 2020 e due cartoline del 2021.
Per descrivere il lavoro in esposizione di Andrea Fogli, riportiamo di seguito alcuni estratti del testo di Lorenzo Fiorucci pubblicato nel catalogo “Figure senza nome (2020 –2022)” e una riflessione dell’artista:
“Se è vero che la mente vede solo ciò che sa, o che riconosce, nelle opere di Andrea Fogli l’esercizio artistico si trasforma in un vero e proprio laboratorio della psiche. […] Fogli sembra interrogarsi sul confine tra l’apparizione e la realtà, tra il vero e l’illusorio, tra la mente e la materia, lasciando a quest’ultima il carico, ma anche la libertà, di offrire le proprie illogiche suggestioni che vanno ad accompagnare le solide certezze dell’artista. […] Già da molti anni, infatti, la ricerca di Andrea Fogli, si muove funambolicamente verso un punto di equilibrio che oscilla tra la preponderanza materica e la rivelazione figurale. Non certamente una figuratività che sottende una mimesi, intesa come ripetizione di limiti formali, ma proprio l’inverso, e cioè l’abbattimento dei limiti attraverso l’estrema valorizzazione della forza della materia nel suo divenire. […] Fogli, attraverso queste rivelazioni plastiche, sembra mettere in scena una sorta di rinascenza, una genesi primordiale, che dalla terra conduce alla forma dell’uomo. Sono figure senza passato senza storia, ma libere di “fiorire” come meglio potranno. A queste sculture plastiche egli alterna alcuni disegni dove sedimenta il segno, anche qui rivelatore, di un altrove, un dettaglio, un volto, uno sguardo che dalla pagina gradualmente si svela.
Segno e materia, disegno e scultura condotti con stesso intuito e medesima freschezza, ma sempre senza individuare o ritrarre un soggetto, aspettando che questo compaia dai rivoli di un segno o dalle pieghe dell’argilla.”
Figure senza nome

“…. ‘piccola sfinge assorta’, ‘piccola sfinge con la lingua di fuori’,
‘figura che porta una maschera’… ma in realtà, per lo più, figure senza nome.
Sono delle piccole figure che ho tenuto in mano e modellato nei giorni scorsi usando i frammenti secchi di creta che erano rimasti sparsi sul pavimento dopo aver svuotato le sculture più grandi. Terra secca, polvere d’argilla, che sarebbe finita nella discarica, ma che era viva, visto che con un poco d’acqua ritornata morbida e umida, e in qualche modo anche animata.
A volte è bastato davvero poco, la pressione e il movimento cieco delle mani che inglobavano i piccoli frammenti d’argilla secca e l’acqua, involontari segni e impronte, rilievi, ombre, e
ogni volta una diversa figura si affacciava, dal paese dei senza nome.”
Andrea Fogli


Monotipi e Vetri

Tristano di Robilant

Dal 03 Ottobre al 30 Novembre 2024

Siamo lieti di presentare in galleria la mostra personale “Monotipi e vetri”, di Tristano di Robilant. In occasione di questa sua terza mostra a Napoli, l’artista proporrà cinque sculture in vetro ed otto monotipi su carta.

Le sculture realizzate in collaborazione con il maestro vetraio Andrea Zilio presso la fornace l’Anfora a Murano, sono il risultato del sodalizio tra l’artista e il maestro vetraio, che prosegue dal 2005. Le sue opere grazie alla trasparenza del vetro, mettono in un sapiente equilibrio, forme luce e colore, rimandando ad arcaismi, se pur fortemente contemporanei. Forme prive di irregolarità, esaltate dai colori e dalla trasparenza della materia, prendono nome da un vasto archivio di influenze letterarie, filosofiche e storiche. Ad accompagnare i vetri, saranno esposti una serie di monotipi realizzati a Verona con la collaborazione della stamperia d’arte Belardinelli. I monotipi, che in alcuni casi sembrano studi delle sculture e in altri evocazioni di paesaggi immaginari, sono realizzati con colori ad olio su carta. L’immagine viene inizialmente dipinta e lavorata su una lastra in plexiglas. Dopodiché la lastra viene passata attraverso il torchio e pressata su un foglio di carta. I lavori non sono un’edizione, sono lavori unici per questo il nome: monotipi. Anche in queste opere si avverte la suggestione della trasparenza e della fluidità del vetro.


CROMA

Eliel David Pérez Martínez

Dal 16 Maggio al 12 Luglio 2024

Gallerie Riunite ha il piacere di annunciare che il 16 Maggio 2024 verrà inaugurata la mostra “CROMA” del giovane artista messicano Eliel David Pérez Martínez.

La mostra è accompagnata da un testo di Lucrezia Odorici e gode del patrocinio dell’Ambasciata del Messico e del Consolato del Messico a Napoli.

Sarà visitabile fino al 12 Luglio 2024.

“Il semplice guardare una cosa non ci permette di progredire. Ogni guardare si muta in un considerare, ogni considerare in un riflettere, ogni riflettere in un congiungere.

Le Gallerie Riunite presentano CROMA, un’esposizione personale di Eliel David Pérez Martínez con parte della più recente produzione pittorica realizzata nel suo studio di Città del Messico. La mostra ci propone l’incontro fra due realtà, il Messico terra d’origine e Venezia dove si è formato, attraverso le tonalità vive nei dipinti dell’artista.

Il lavoro di Martínez si presenta con pattern in festa, dove a volte sembra riconoscere la fantasia di un tessuto o una texture particolare. Ad un primo sguardo, le campiture dai colori vivi sembrano formare dei mondi astratti sulla superficie, una stratificazione di segni che interagiscono tra loro. Gli elementi dipinti sono vari, multiformi, ognuno con una propria identità. Alcuni sembrano incerti, altri più decisi e dai contorni netti. Tondi e morbidi o serpeggianti come un fulmine. Attraverso un gioco di bilanciamenti tra chiari e scuri, Martínez crea nuovi spazi e profondità. Delle composizioni sembrano ricordare una foresta pluviale, altre un fiume.

L’intera natura si rivela attraverso il colore.

Goethe ci insegna che è anche l’oscurità l’elemento fondamentale per conoscere il mondo visibile. Allora proviamo a chiudere gli occhi e pensare ad un vaso di fiori. Che ci siano rose, tulipani, il vaso alto o basso, lo stiamo vedendo, è davanti a noi nonostante l’assenza di luce e l’oggetto stesso. Anche nei dipinti di Martínez convergono degli opposti, un’antitesi, due luoghi temporalmente e geograficamente distanti: gli anni dell’adolescenza nella sua terra natia e gli anni di formazione passati nella laguna di Venezia.

Il Messico caotico, retto da più sistemi e privo di una purezza, si incontra con Venezia, città salmastra, d’inverno avvolta nella nebbia fitta che i primi raggi del sole la illuminano esaltandone la precisione idilliaca. Queste terre opposte per colori e peculiarità, non si mescolano nei dipinti dell’artista, mantengono ognuna la propria forte identità andando a dialogare in modo armonico con l’altra con un nuovo linguaggio pittorico, attraverso le tonalità che più le rappresentano producendo una nuova immagine. Come un’operazione di taglia e cuci, l’artista genera un connubio tra le sue realtà, quella Latino-americana e quella Europea, creando una nuova narrazione.”

(Testo di Lucrezia Odorici)


PINGA’S UNIVERSE – Magigonie

Pierre-Yves Le Duc

Dal 22 Febbraio al 03 Maggio 2024

Gallerie Riunite ha il piacere di comunicare che il 22 febbraio 2024 verrà inaugurata la mostra Pinga’s Universe – Magigonie di Pierre-Yves Le Duc; un progetto inedito dell’artista presentato a Napoli per la prima volta.

Il lavoro di Le Duc consiste in una serie di collages costituiti da fotografie d’epoca di Napoli e Capri accostate sapientemente ai suoi schizzi ad inchiostro, a costituire un unicum tra fotografia e disegno, creando nuove visioni di luoghi, sospesi tra realtà e immaginazione. In mostra saranno presentati cento lavori su Capri e venti su Napoli.

Il titolo Magigonie è un neologismo coniato da Pierre-Yves Le Duc: “un collage per tentare di andare oltre la realtà visibile, non per indagare sulla magia dell’arte, ma sull’arte della magia artistica”.

Il progetto prende corpo da una ricerca che dura già da 10 anni. “In pratica cerco di farmi complice del caos, della casualità, navigando senza remi né vele alla ricerca di mondi paralleli, inaspettati. […] C’è alla base una osservazione acuta di ogni particolare della foto e del mare di schizzi. Ma anche un immaginare mondi fuori dall’inquadratura della foto, alla quale seguono lunghe passeggiate, fotografia alla mano, alla ricerca di sorprese nel caos dei segni d’inchiostro.” (cit. Pierre-Yves Le Duc).

La mostra sarà accompagnata da un catalogo con i testi di Pierre-Yves Le Duc, Barbara Crespigni, Sandra Sannia e Alfredo de Dominicis, edito da Editoriale Scientifico e con il progetto grafico di Paolo Altieri Associati.

Di seguito, riportiamo alcuni stralci dei testi del catalogo:

“Succede che una brezza, un paesaggio, un colore possano determinare opere originali; oppure che l’origine della creatività si celi nel cuore stesso dell’opera. […]

Avviene così che Pierre-Yves Le Duc inizi una serie denominata “Magigonie”, un universo fantastico in cui ad una cartolina d’epoca di un paesaggio italiano si abbina un disegno libero, risultato non voluto di una pratica quasi ossessiva con la china. La magia sorge da sola, poiché i soggetti in bianco e nero vengono diretti verso lidi insoliti, sono raddoppiati dall’inchiostro nero, sorge un proseguimento, una forma sognante in cui ravvedere ciò che la fantasia dello spettatore riesce a immaginare[…]  Si tratta di una magia, della magia del lavoro, del mistero dell’arte. […]   Una forma, un pezzo di un disegno non voluto sembra un pianeta, un altro una tempesta solare, poi si vede un alieno e così via in un universo di presenze stellari e lontane; tutto questo prende forma e si posiziona poco a poco vicino alle cartoline, come se fosse un mondo che incombe, presente nel quotidiano, tra baie e castelli, sul Vesuvio e altrove”

(cit. Barbara Crespigni)

“L’artista sembra suggerirci che il meccanismo del mondo è unico e il compito dell’arte è di creare associazioni libere capaci di dar vita a nuovi significati per interpretare l’universo; una sorta di teofania che ci rivela l’aspetto imponderabile della realtà”.

(Cit. Sandra Sannia)

“In Pinga’s Universe, Pierre-Yves Le Duc fa specchiare l’ordine con il caos, il noto con l’ignoto. Si susseguono, in modo ripetitivo, due mondi, due visioni. Da una parte il Mondo che conosciamo, una serie di cartoline che riproducono luoghi tra i più iconici e conosciuti al mondo, dall’altro un Mondo primordiale; o forse, al contrario, un Mondo futuro, post-umano. [..]

Oppure, si ha la sensazione, la suggestione di trovarsi al cospetto di qualcos’altro ancora. Di una magia, o meglio di un incantesimo degno di una favola.”

(Cit. Alfredo de Dominicis)

Foto: Roberto Della Noce


Messages

Marco Acri

Dal 05 Dicembre 2023 al 02 Febbraio 2024

È strano pensare come il primo quadro mai dipinto da Marco Acri sia interamente basato sul “lettering”, ossia sulla parola scritta. Un adolescente in un’afosa giornata estiva va a zonzo in motorino per la città e a bordo strada nota l’insegna di un’officina con iscrizioni dipinte a mano. Una visione fugace, un soggetto all’apparenza banale, ma che gli rimane per sempre impresso nella memoria, tanto che riappare insieme all’esigenza di riprodurla: inizia così la storia di Acri con la pittura. Volutamente sbavata, spinta dentro scompostamente a non fuoriuscire dai bordi, in Ditta Nocerino (2004) la composizione ricalca le irregolarità delle scritte sul cartello, in un approccio che definiremmo iperrealistico.

Ma la pittura di Acri è non tanto il tentativo di riprodurre la realtà così come la vediamo – ammesso che esista una percezione oggettiva della visione, e ammesso che ad Acri interessi – quanto il desiderio di cogliere la profondità abissale di un guizzo passeggero, l’eternità di un movimento nella memoria, un fermo immagine sull’universalità di un’epifania, che tuttavia può essere alla portata di tutti, nel quotidiano, purché qualcuno ci ricordi di farlo – magari lasciandoci un messaggio in codice, o su un post-it.

È strano, si diceva poc’anzi, che Acri parta dalla parola scritta e arrivi a spogliarla fino al segno; ma, a ben guardare, forse siamo di fronte a una metamorfosi spontanea nella strutturazione di un suo proprio alfabeto visivo. La personale Messages presenta due esempi, diversi e complementari, della ricerca pittorica finora intrapresa da Acri: sei tele di medio formato della serie “Hidden Message” e due quadri di piccolo formato della serie “Don’t call it post-it”. Nelle sue opere, la razionale impronta architettonica e la conoscenza sapiente delle forme e degli equilibri spaziali si dispiegano secondo una marcata, rigorosa e pulita verticalità, convivendo armoniosamente con impulsi che tendono, e devono molto, alla poesia visiva.

Nella serie “Hidden Message” (2018 – in corso), sottili linee disposte l’una di seguito all’altra in file ordinate celano un alfabeto, le cui lettere sono decifrabili solo grazie al colore. Se nella censura, le linee, solitamente nere, vengono utilizzate per elidere parti di testo, qui le linee colorate rivelano un messaggio nascoso, richiamando la funzione delle “cancellature” di Emilio Isgrò, che offrono un processo costruttivo e aprono significati attraverso apparenti sottrazioni.

In occasione della mostra, Acri stratifica le chiavi interpretative della sua ricerca espressiva attraverso i nuovi media, esortando a spingersi al di là delle abitudini e adottando uno spirito ludico nel relazionarsi con i suoi lavori. Incoraggia, così, all’utilizzo di Instagram nell’interazione attraverso i filtri creati ad hoc per decifrare il messaggio.

Con “Don’t call it Post-it” (2005 – in corso), invece, frammenta concetti e immagini in una griglia, semplificando il soggetto come un singolo pixel. I dipinti, realizzati su cartoncini quadrati meticolosamente tagliati a mano dall’artista, trasmettono idee attraverso colori e forme, giocando sull’illusione che siano effettivamente Post-it. Il soggetto, pur nella sua estrema astrazione, è anche simbolico; una lieve interferenza nella quiete apparente della superficie, sia essa una nuvola nel cielo o una boa che macchia l’azzurro del mare. Forse, però, sono proprio le stesse a offrire un aiuto: un’ombra alla quale ripararsi, un appiglio per mettersi in salvo.

I dipinti di Acri non sono solo raffinati e piacevoli da guardare; c’è di più per chi si avventura oltre la superficie; per andare oltre, forse c’è davvero bisogno di un’interferenza, di un glitch che

faccia aprire gli occhi. Se da un lato esortano ad un libero e ironico “disengagement”, offrono al contempo dei brevi quanto onesti “reminder”, a seguire i propri sogni, ad amare sé stessi, a serbare il ricordo speciale delle “prime volte”, a far tesoro di quelle piccole cose e sensazioni che rendono l’ordinario straordinario. In fondo, “It’s all about how you look at it”.

Testo critico di Valeria Bevilacqua

Foto: Paolo Vitale


Oasis

Peter Flaccus

Dal 06 Ottobre al 01 Dicembre 2023

Dopo le mostre personali a Napoli (2014 e 2018) e Capri (2015) e dopo la partecipazione all’edizione di Artefiera del 2023, siamo lieti di annunciare Oasis”, la nuova mostra personale di Peter Flaccus, negli spazi della galleria.

Statunitense di nascita, all’inizio degli anni ’90 Flaccus si trasferisce a Roma dove vive e lavora ancora oggi.

In Italia il suo lavoro si concentra sin dall’inizio sulla ricerca di nuove tecniche e linguaggi astratti, tra cui l’encausto. Ispirato da questa antica tecnica artistica, Flaccus la studia, la sperimenta, scoprendo soluzioni innovative, raffinate ed inedite nel contesto dell’arte contemporanea.

Il linguaggio astratto sviluppatosi grazie a un metodo che richiede una grande padronanza tecnica, ha permesso all’artista di dar vita a un ricco repertorio di soluzioni formali, creando delle gamme cromatiche innovative, con rimandi a forme e processi del mondo naturale, il tutto in una scala che spazia dal microscopico al cosmico.

L’universo di Peter Flaccus è un mondo di misura e di tensioni, un mondo immaginario nel quale coabitano rigore geometrico e dinamismo cromatico.

Le sue opere, realizzate secondo l’antica tradizione dell’encausto, sono generalmente lisce come specchi; in alcuni casi, la superficie pitturale è sottilmente incisa secondo una forma di scrittura nella quale linee rette e curve dialogano enigmaticamente, altre volte, sono i dislivelli successivi della materia a creare ancora maggiore potenza e presenza.

Il titolo della mostra “Oasis”, scelto dall’artista, è fortemente evocativo e rimanda ad un luogo accogliente.  L’artista ci invita ad esplorare le sue opere come se in un viaggio nel deserto improvvisamente si palesasse un’oasi, lusso per i sensi.

Citando le sue parole: La galleria è un’isola felice, un’oasi, così come lo è il dipinto stesso, un luogo di pace e di sensazioni intensificate. Il dipinto non è l’immagine di un luogo, ma è esso stesso un giardino di ristoro, che invita a una riflessione senza fretta, separata dal resto del mondo.”

La mostra ospitata negli spazi della galleria si compone di 18 lavori, di vario formato, tutti eseguiti con la tecnica dell’encausto eseguiti negli ultimi venti anni.

Foto: Paolo Vitale


Ci sono occhi, dei giorni

Luca Grechi

Dal 05 Maggio al 21 Luglio 2023

Nelle sue opere, l’artista depone il colore attraverso un procedimento meditativo, strato dopo strato, che fa affiorare l’essenziale della sua poetica, lasciando percepire accenni di figuratività.

In questo divenire, gli equilibri e pensieri che si depositano sulla tela creano una pausa senza tempo che non definisce ma presenta un’attesa.

Queste infinite possibilità si manifestano nella sua pittura con quel silenzio e rumore in contrasto continuo, alla ricerca di una convivenza.

“Incontro la distanza,

La luce si muove insieme allo spazio, le distanze che si avvicinano allo sguardo, in un delicato processo di piani, che si sovrappongono, si incontrano, si trasformano.

Si arriva a quel senso di conoscenza misto a dimenticanza.

Ci sono occhi dei giorni che frizzano, altri che fanno fatica, le parole si vedono per assaporare il silenzio, parole piene di assenza.

Pensare il paesaggio a distanza, in riva al cielo, si confonde quel mare rumoroso, piatto, deciso, salato, il vento fa da specchio.”

(Luca Grechi)

Foto: Paolo Vitale e Vanessa Caredda


Black Box

Tommaso Ottieri

Dal 31 Marzo al 28 Aprile 2023

Dopo la mostra al Museo del Tesoro di San Gennaro, siamo lieti di annunciare il nuovo progetto di Tommaso Ottieri “Black Box”.

L’artista è noto per restituire con la sua pittura immagini di luoghi realmente esistenti ma trasfigurate nelle prospettive attraverso l’uso sapiente della sua tecnica che infonde luce e ombra, trasformandole così in nuove visioni, in non-luoghi immaginari.

In questa mostra, invece, Ottieri sperimenta una sua personale indagine sull’uomo: ritratti di volti e di corpi, definiti dal suo linguaggio pittorico, dove squarci di luce improvvisi rivelano frammenti corporei nella loro essenzialità, rimandando al mistero del non visto.

Influenzato dalla lettura di Baruch de Spinosa e dalle sue riflessioni sull’uomo, Ottieri ci conduce verso un’osservazione volta a cogliere la complessità della natura umana, lasciandone intravedere una descrizione più intima e profonda.

Di seguito il testo di Tommaso Ottieri:

“Con il giudizio degli angeli e la sentenza dei santi, noi dichiariamo Baruch de Spinoza scomunicato, esecrato, maledetto ed espulso, con l’assenso di tutta la sacra comunità.

Sia maledetto di giorno e maledetto di notte; sia maledetto quando si corica e maledetto quando si alza; maledetto nell’uscire e maledetto nell’entrare.

Possa il Signore mai più perdonarlo; possano l’ira e la collera del Signore ardere, d’ora innanzi, quest’uomo, far pesare su di lui tutte le maledizioni scritte nel Libro della Legge, e cancellare il suo nome dal cielo; possa il Signore separarlo, per la sua malvagità, da tutte le tribù d’Israele, opprimerlo con tutte le maledizioni del cielo contenute nel Libro della Legge.

Siete tutti ammoniti, che d’ora innanzi nessuno deve parlare con lui a voce, né comunicare con lui per iscritto; che nessuno deve prestargli servizio, né dormire sotto il suo stesso tetto, nessuno avvicinarsi a lui oltre i quattro cubiti [circa due metri], e nessuno leggere alcunchè dettato da lui o scritto di suo pugno”

Con questo testo veniva scomunicato Baruch de Spinoza, ebreo marrano in Amsterdam. A secoli di distanza questa scomunica non risulta ancora essere revocata. Aveva 24 anni.

Empietà, eresia, maledizione, esecrabile interpretazione della parola di Dio, in un unico, semplice, fino ad allora impronunciato concetto: ogni uomo non è immagine di Dio, non è creato da Dio, non guarda o cerca Dio e non deve sforzarsi di capirlo.

Dio è tutto, e l’uomo è Dio. Ogni cosa presente nella Natura è essa stessa Dio, contenendo le stesse ragioni, gli stessi principi e la stessa forma. Immaginate un frattale, ogni singola porzione: ogni cellula ha la stessa struttura del livello superiore, e di quello sopra ancora, ed infine del tutto.

Non dobbiamo cercare di scoprire cause, essenza o verità. Siamo noi stessi tutto questo. Se solo non ci distraessimo con ogni cosa futile in cui ci imbattiamo nella nostra vita, e che sembra portarci al bene.

Io ho nove scatole nere di memoria, di ogni volta in cui siete stati a contatto con voi stessi. E che avete dimenticato.

Foto: Paolo Vitale


Custode Silenzioso

Filippo Rizzonelli

Dal 03 dicembre 2022 al 10 febbraio 2023

“Non possiamo più rimandare, è ora di entrare nel bosco. La natura ci sfugge, non si lascia rappresentare, gli alberi alludono e il sottobosco si riempie di occhi.

Un pellegrino attraversa simbolicamente una foresta, una donna si dondola nel proprio santuario naturale trovando riposo, ciascuno si apre al mondo e certi paesaggi – proprio come le immagini, ci accompagnano per anni. Ricorriamo a loro, senza riuscire a capire come e perché, bisognosi di costruirci la nostra geografia, il nostro atlante sentimentale.

Non importa dove siamo, anche quando cambiamo città o paese, quando ci troviamo in un altro tempo, possiamo ugualmente ricostruire soggettivamente il senso e il valore dell’ambiente desiderato. Possiamo comunque continuare ad amare i boschi e le montagne, anche quando non ci troviamo con loro, possiamo continuare a sentire la loro presenza, perché il sentimento, al contrario delle emozioni, è autosufficiente e torna, torna continuamente.

Custode silenzioso è una mostra piena di vegetazione, di alberi, di un cosmo vivente in continua rigenerazione, è l’universo poetico di Filippo Rizzonelli, artista trentino che rincorre la funzione magica dell’arte, quella di aprire l’immagine verso tempi e luoghi precipitati in quell’arcipelago che chiamiamo stato d’animo.

Forme simboliche diventano narratrici della superficie della terra, della profondità delle radici e del carattere ciclico del tempo. Attaccati a ciò che si è vissuto, bisognosi di figurarci coscientemente ciò che ci muove e ci anima, “Custode silenzioso” alimenta la ricerca di un’idea di meta in cui non c’è più una meta. Non esiste nessun luogo finale, ma solo la spinta a continuare a muoverci: “Scava. Scendi nella miniera. Ricerca.”

Testo di Mohini Dasi Pettinato

Filippo Rizzonelli
Nato a Riva del Garda (TN) il 18 giugno 1991.
Nel 2017 si diploma in Pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia e nel 2021 consegue la propria Laurea Magistrale presso lo IUAV, indirizzo Arti Visive. Per oltre undici anni vive e lavora a Venezia, dove co-fonda l’artist-run space zolforosso, la piattaforma COMECOME.info ed il network Venice Independent Art Scene. Da settembre 2022 vive e lavora a Bologna. La sua ricerca creativa si sviluppa e sostanzia nell’attiva commistione tra pratica pittorica e installazione site-specific, scrittura critica e organizzazione socio-culturale, deambulante esplorazione sentimentale e attività politica.

Per la mostra personale Custode Silenzioso, ospitata da Gallerie Riunite, presenta sedici opere inedite, realizzate nel corso degli ultimi tre anni.